Un antichissimo rito in onore di San Giuseppe si ripete ogni anno nel Salento, in alcuni borghi a pochi chilometri da Otranto, come Giurdignano, Minervino di Lecce, Uggiano La Chiesa e la piccola frazione di Casamassella. Il 18 e il 19 marzo le porte di molte case di questi paesi si spalancano per accogliere migliaia di visitatori e fedeli che vengono a vedere le tavole di San Giuseppe, veri capolavori di devozione.

Un rito in cui s’intrecciano sacro e profano e coincide con l’equinozio di primavera e gli antichi riti di purificazione agraria, che chiudevano l’inverno. Anche quest’anno la Fondazione Le Costantine di Casamassella realizza la grande tavola di San Giuseppe con i cibi che vengono preparati secondo un rituale preciso e invita a soggiornare nella sua Masseria “La Casa di Ora” nel weekend 18-20 marzo 2011.

A contatto con la natura, tra uliveti, boschi e macchia mediterranea a 3 km da Otranto, alla Fondazione Le Costantine si può trascorrere un weekend all’insegna del relax, della buona cucina e dei riti tradizionali. Si arriva il venerdì e si degustano i prodotti della tavola di San Giuseppe. Sabato mattina si fa una bella passeggiata nel bosco di 33 ettari; la sera cena-degustazione presso le Cantine Menhir a Minervino di Lecce per assaggiare ottimi vini autoctoni, come Calamuri e Albanegra. La domenica a pranzo brunch nel ristorante della Fondazione con i piatti della tradizione di San Giuseppe e visita al laboratorio di tessitura con antichi telai, dove si possono acquistare pregiati manufatti realizzati a mano: sciarpe, tovaglie, asciugamani, borse, stole ecc…

La preparazione dei cibi per le tavole di San Giuseppe avviene una settimana prima e così anche alla Fondazione: il 12 marzo s’impasta la farina per fare i “vermiceddhi” (un tipo di pasta corta), lunedì 14 si mettono a bagno i lampascioni e lo stoccafisso, il 15 i ceci, il 17 si puliscono rape, cavoli e cavolfiori, si cucinano i ceci e si passano i fritti nel miele; il 18 si cucinano le verdure, lo stoccafisso, la pasta con il miele, il pesce e si friggono le pittole.

Ogni gesto è scandito da fede e preghiere, come nei secoli passati, quando le tavole erano sì un tributo a San Giuseppe, ma anche un modo concreto di aiutare chi non sempre aveva un piatto assicurato e di riappacificarsi con parenti e vicini con cui non correva buon sangue: nessuno infatti poteva rifiutare se invitato come santo.

Il numero dei commensali può variare da 3 a 13, alla Fondazione quest’anno 13 ragazzi, che raffigurano la Sacra Famiglia e i santi (S.Anna, S. Gioacchino, S. Elisabetta, ecc…), prenderanno parte al banchetto simbolico. Le tavole, benedette dal parroco, si possono ammirare già nel pomeriggio del 18 marzo, quando ai visitatori vengono offerti i fritti (porciddhruzzi), i cipollacci col ciuffo detti pampasciuni e dei panetti votivi, le pucce.

La notte si prega e si riflette, mentre il 19 marzo si svolge il rito della cena, sacro e suggestivo: San Giuseppe dà inizio al pranzo e ne scandisce i tempi e l’alternarsi delle varie pietanze, intercalando le preghiere. I cibi sono tutti poveri: vermicelli con i ceci, pasta con miele e mollica di pane, rape bollite, lampascioni, pesce fritto, cavolfiori, stoccafisso in umido, fritti col miele e pani votivi.