C’è un documento emerso di recente che s’intitola Historia de Leuche, è del 1583 e conterrebbe un’iscrizione che fa riferimento alla presenza dell’imperatore Carlo Magno alla storica battaglia di Campo Re del 24 giugno 877 tra Franco-Veretini e Saraceni durante la quale l’esercito locale sconfisse e cacciò definitivamente gli invasori dalla città messapica di Vereto (antica città situata sull’omonima collina alla periferia dell’attuale Comune di Patù).

Se quella remota battaglia è sopravvissuta nella memoria locale non si deve, però, alla presenza dell’illustre ospite, peraltro tutta ancora da accertare, ma ad un certo Gimignano, un generale dell’esercito cristiano ucciso dai Saraceni. Doveva essere un condottiero molto valoroso, questo Gimignano se, per assicurargli una sepoltura con tutti gli onori, gli fu costruito un monumento funebre ad hoc, “Centopietre“. Oggi gli studiosi sono quasi tutti concordi nel datare la Centopietre al IX secolo, ma non sul fatto che i blocchi che la compongono sono davvero cento. È certo che tutti i massi usati per la costruzione del monumento sono di riutilizzo e provengono da monumenti più antichi, di età romana, che sorgevano nelle vicinanze. Che la Centopietre sia stata costruita con materiali di riuso lo conferma anche il luogo in cui sorge, una necropoli, che ai tempi dei Messapi doveva essere assai estesa e dove diverse indagini archeologiche hanno portato alla luce numerose tombe, tutte con la testa rivolta verso ovest, alcune delle quali affioranti sul terreno e visibili ancora oggi.

La Centopietre di pianta rettangolare, è tutta costruita con blocchi di carparo locale; la copertura ne annovera 26, disposti a spiovente. Due gli ingressi che permettono di accedervi, uno sulla parete est e l’altro, più ampio, lungo la parete meridionale. La tomba è rimasta chiusa per molti secoli, per essere riaperta quando dalla Francia giunsero dignitari di corte per recuperare le spoglie del generale. Quanto c’è di storico in questo episodio è difficile saperlo, ma sulla seconda vita della Centopietre dubbi ce ne sono decisamente meno. Una volta congedato l’illustre generale, infatti, l’edificio fu adibito dai monaci bizantini a luogo di culto. Lo dimostrano i frammenti, oggi completamente illeggibili, di affreschi disseminati qua e là sulle pareti, dove campeggiavano figure olosome di santi e probabilmente una crocifissione. Del ciclo pittorico non si è conservato praticamente nulla se non qualche lacerto sopravvissuto coraggiosamente tra i muschi e l’umidità che hanno invaso completamente le pareti.

Di fronte alla Centopietre troviamo la Chiesa di San Giovanni Battista, elemento architettonico che aiuta a datare il monumento intorno al IX – X secolo in virtù del piede bizantino che è l’unità di misura usata in tutta la costruzione. Questa chiesa è importante per un reperto di straordinario valore storico: un cippo funerario in marmo di origini romane. Risale al I-II secolo a.C. e presenta un’iscrizione latina che testimonia come in quei secoli Vereto fosse un municipium dotato di apposito statuto e assegnato ad un decurione che lo governava.

Se quella intorno alla Centopietre era l’area delle battaglie militari e dell’omaggio ai defunti, come testimoniano le numerose tombe tuttora visibili, Vereto, assisa lassù in alto, era invece il luogo del business, delle chiacchiere nell’agorà, del culto.

Sorta sulle ceneri dell’antica Bareti, una delle città più famose della Messapia antica, Veretum era assai vasta, come testimonia la cinta muraria che si estende per circa quattro chilometri ed è costituita da un doppio paramento di grossi blocchi squadrati di pietra locale. Forse corrisponde alla città di Iria di cui ha parlato lo storico greco Erodoto; quel che è certo è che Veretum costituiva uno dei capisaldi militari e civili assai importanti, tanto da ottenere, in epoca romana, la designazione a municipium.

Su quella che era l’agorà, oggi è stata costruita una cappella, mentre sono ancora visibili alcuni tratti delle strade un tempo assai trafficate. Oltre alla cinta muraria, a testimoniare l’antica imponenza ci sono alcuni resti di monumenti funerari romani in marmo del I-II secolo a.C., resti di pavimenti a mosaico, frammenti di trave con segni di scrittura che risalirebbero all’alfabeto messapico…

Poi, tra erbacce e rovi spinosi, ecco che ci s’imbatte in un altro sentiero dove vale la pena fermarsi un attimo per godere dello spettacolare panorama che si apre davanti. Un panorama amplissimo che abbraccia quasi tutti i centri, i paesaggi e i colori del Capo di Leuca fino al faro, che svetta imponente sull’azzurro cobalto del mare. Non è un caso che Veretum sorgesse così alta, visti i particolari compiti di difesa militare che aveva per sé e per gli altri centri vicini.

Passeggiando tra queste strade, ogni pietra sembra avere impressi i segni di una nobiltà antica. Negli ultimi anni si sta assistendo a un timido risveglio per Vereto, con alcuni scavi archeologici che dimostrano il rinnovato interesse degli studiosi.

In estate, viene organizzata una Notte bianca per Vereto, portando quassù tanta gente, turisti e salentini, passeggiando tra le vestigia dell’antica città illuminate a giorno…