Il Comune di Specchia comunica che, dopo un accurato lavoro di recupero e restauro, son fruibili 4 Frantoi Ipogei comunali.

Attraverso la Via dei Frantoi Ipogei: Ex Convento dei Francescani Neri -Via Perrone – Via Principe Orsini – Via Cicca – Via Garibaldi, un percorso in uno dei “Borghi più Belli d’Italia”, quasi interamente sotterraneo, si potranno ammirare quattro frantoi ipogei: Scupola, Cicca, Perrone, Francescani Neri, che insieme agli altri presenti nel sottosuolo di Specchia, rappresentano le testimonianze storiche dell’enorme produzione dell’olio d’oliva che questa cittadina vantava nei secoli scorsi e possono essere considerati gli ultimi esempi d’archeologia industriale.

Valorizzarli, restaurarli e recuperarli, significa evidenziare il faticoso lavoro di generazioni di salentini per produrre un antico condimento, ma sempre nuovo. Nel corso della serata sarà proiettato il cortometraggio dal titolo: “Dei Nachiri e dei Mercanti”, con la regia di Corrado Punzi e la produzione di Edoardo Winspeare, realizzato nell’ambito del Programma Comunitario LEADER Plus per le iniziative di “spettacolarizzazione” del Frantoio Ipogeo “Mulino a Vento”di Uggiano La Chiesa.

A Specchia, come nel resto del Salento, i frantoi sono stati edificati nei secoli XV – XIX, ipogei ed in minima parte semipogei, sono stati ricavati in banchi calcarenitici di “tufo” o “pietra leccese”. Il piano di calpestio è inferiore dai tre ai cinque metri, rispetto al piano stradale o piano campagna.

Si presume che fossero di due tipi le ragioni per cui i frantoi erano realizzati sottoterra, il primo di natura economica, in quanto la facilità di scavo rendeva più conveniente il lavoro al contrario della sua costruzione in superficie; la seconda è di natura tecnica, infatti, per agevolare la separazione della acqua de sentina dall’olio d’oliva, occorreva mantenere una temperatura costante che si aggirava intorno ai 19 20 gradi, anche per questo motivo si preferiva orientare l’ingresso verso sud, per ripararsi dalla tramontana.

Chi “amministrava “il frantoio” o trappitu era il nachiro, il termine deriva dal greco “naùkleros” (padrone della nave), mentre nel vernacolo salentino “nachiru” era colui che dava le direttive ai frantoiani e in più in generale “amministrava “il frantoio” o trappitu, ma la sua mansione principale era quella di “tagliare” l’olio, poiché effettuava personalmente tutta l’operazione di purificazione e separazione dall'”acqua de sentina” (acque di vegetazione).

Il “nachiro”, in particolare, stabiliva gli orari delle lavorazioni, dei riposi, deteneva le offerte che i clienti facevano ai lavoranti e le distribuiva a suo insindacabile giudizio. Oltre al nachiro, venivano impiegati almeno 5 manovali detti “trappitari” ed un ragazzino che svolgeva mansioni minori come portare da bere, cucinare, pulire, accudire agli animali, fare piccole commissioni.

Durante il periodo delle lavorazioni, dal 1 novembre al mese di maggio, il “trappito” era considerato come un luogo sacro: “u trappitu è comu na chiesa”. I “trappitari” si recavano nelle loro dimore solo per la Festa dell’Immacolata, per Natale e Capodanno. Spettava al “nachiro” benedire il cibo prima dei pasti con il segno della croce e prima di raccogliere l’olio d’oliva nelle pile, si recitavano le preghiere della sera e il santo rosario. Il piatto più cucinato era la “pignata” di legumi, preparata sul fuoco di zolle di sansa. I turni di lavoro erano dalle 2 di notte sino alle 6 di sera, mentre il riposo avveniva su un sacco pieno di paglia.