Se c’è un elemento che più di tutto ha contribuito a modellare e consolidare la cultura salentina rafforzando i legami personali, è certamente la musica. Ma se per un attimo si distoglie lo sguardo dalla magia e dall’incantesimo che dopo anni di buio ha ridato vita alla tradizione folklorica della Taranta, si può scorgere il lato verace, e forse “metropolitano” della cultura musicale salentina, che in Bruno Petrachi vede il suo cantore per eccellenza.

Perchè se la Taranta si fonda su temi rurali e si presta a contaminazioni e ai riferimenti all’antica tradizione grika, la canzone d’autore folk di Bruno Petrachi appartiene invece ai leccesi. “Mio padre la mattina andava in giro per i rioni della città a fotografare luoghi e personaggi della Lecce di fine anni Settanta metà anni Ottanta. Tornato a casa “pittava”, cioè descriveva i personaggi con gli stornelli, oppure, quando si trovava di fronte qualcuno “ni cantà la rasta”, in pratica metteva in luce, sempre scherzosamente ed improvvisando, i difetti, ma talvolta anche i pregi, dell’astante” ricorda Enzo Petrachi, che ha ereditato dal padre la sua stessa arte. Bruno ha cantato le passioni della città, i suoi personaggi di un tempo, le vecchie storie popolari dei vicoli e delle corti, rendendo le sue canzoni un vero e proprio manifesto della leccesità.

Cantante e fisarmonicista folk scomparso il 16 maggio del 1997, della vita di Bruno Petrachi si sa ben poco, ma sono rimasti intatti tanti ricordi e sensazioni. Poco si sa della sua infanzia, delle aspirazioni e i sogni che l’hanno portato a comporre le sue canzoni, così come si possono solo immaginare le radici del suo folk dialettale trascinanate che ancora oggi fa canticchiare tutti i salentini.
Succede che la musica dalla campagna si sposta in città e a partire dagli anni 70 si registra un vero e proprio boom della canzone popolare, in coincidenza con la nascita delle prime emittenti radiotelevisive private locali che rivolgono grande attenzione ai fatti, alla cultura e alle tradizioni del proprio territorio. Ed è qui che prende forma e si fa conoscere l’arte di Bruno Petrachi.

Tante le canzoni e gli stornelli famosi: “Mieru mieru”, “Le fimmene te moi”,  “Lu carcere è galera”, “Lu posperu”“San Catautu”. Ma è “Arcu te pratu il pezzo più rappresentativo, una colorata narrazione di alcuni costumi leccesi tipici fino a cinquanta anni fa. “Pe nui leccesi e l’opera chiu bella, la squadra noscia e na cosa fina, na cosa sacra ca nisciunu po tuccà. Giallorossu porta la divisa e su lu campu poi se face rispettare, subbra gli spalti nui la incoraggiamu e tutti forza LECCE imu cridare,cà pe lu forte chiassu cà facimu puru li muerti hannu resuscitare”: e Bruno Petrachi, che aveva il calcio nel cuore, non poteva certo dimenticare la sua squadra, a cui ha dedicato la canzone “Forza Lecce Miu”. Il folk di Bruno Petrachi è rimasto inalterato nel cuore e nella cultura dei suoi salentini, vero, semplice e verace, a tratti come i piatti tipici della sua tradizione: genuino e gustosissimo.